Telegram, i bot e la gestione dei dati.

Recentemente mi è stato chiesto se sia vero che le informazioni che viaggiano attraverso il sistema di messaggistica Telegram finiscano in Russia.

Prendo spunto da questa domanda per una veloce carrellate sulla gestione della privacy su Telegram sperando di sfatare alcune false credenze.

 

I fondatori,Pavel Durov ed il fratello maggiore Nikolai Durov, sono si di origine russa, ma hanno anche vissuto per molti anni in Italia e nel 2014, dopo il licenziamento da CEO di VK, Pavel Durov lasciò la Russia e dichiarò che “non aveva intenzione di tornare indietro” e che “al momento il paese è incompatibile con il business di Internet”.

Ne il team di sviluppo, ne i server sono collocati in Russia. Anzi tra aprile e giugno di quest’anno c’è stato un braccio di ferro con la Federal Security Service(agenzia per la sicurezza russa) che pretendeva di avere accesso alle comunicazioni di messaggistica. Telegram ha negato l’accesso rispondendo che “la privacy non è in vendita”.

In base a ping, traceroute, whois ip, ma anche in base ad un paio di problemi di connessione alla piattaforma Telegram avvenuti questa primavera, abbiamo la confermare che i server europei siano collocati ad Amsterdam.

Come tutte le altre aziende che gestiscono dati sul territorio europeo anche Telegram, nonostante un breve intoppo di qualche giorno con Apple, ha rilasciato una versione del proprio programma compatibile con il GDPR, il regolamento Europeo sulla privacy.

 

Infine arrivando ai bot, visto che, come già anticipato, sto per rilasciare un gestore di bot per Telegram, i dati vengono raccolti sui server di coloro che gestiscono i bot. Nel caso specifico i bot, che si interfacciano con la mia piattaforma, salveranno i dati su server italiani conformi al GDPR nel cloud di Aruba .

Se vuoi approfondire, ecco alcuni collegamenti:

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